Piccoli viaggi
La TRAMA
Ho sempre letto, e letto ancora, gli scritti di Campanini con grande diletto. Dico proprio così. Con un piacere che è subdolo e gaudente; gaudente, perché mai viene meno (anche se come dirò in seguito, Campanini seppure ha cominciato tardi ha ormai scritto parecchio), nelle sue pagine, e nella sua lieta calibratissima scrittura, una semplicità raffinata, quasi da favola per bambini ma in cui i grandi (cioè gli adulti) sono subito impigliati come in una rete quasi invisibile; e piacere subdolo, appunto, perché l’intelaiatura del suo racconto, la trama che si organizza in struttura, è sempre di sottilissime sovrapposizioni, come un mattone di aerea sostanza che si sovrappone all’altro sino a formare però muri resistenti; un ambito fra cui si muovono personaggi che, anche se di oggi, sembrano quasi nudi e provenienti da mondi eterei, luminosi e un poco ansanti (come per lungo viaggio), portandosi dietro l’ombra delle parole reali e profonde che sono sottese le une alle altre, essenziali, e che essi dicono o pronunciano per farsi riconoscere.
Aggiungo che la messa in moto della sua comunicazione scritta, della sua pagina, è un parlare sottovoce che si rassoda e si alza di tono per poi scattare e profilarsi fra luce e suono con progressive accensioni, come se i periodi, le frasi, i capoversi si tenessero stretti per mano.
Esempio, l’inizio di “Lezioni di lingue straniere”, con quel come sempre che sussulta e sembra non volere o non potere districarsi dalle altre parole e intanto avvolge il lettore nella trama di fili a cui ho già fatto cenno.
Come raffronto per quello che ho detto, mi riferisco intanto a Dalle storie di P. aeronauta mancato che è certamente un bel risultato di scrittura, intrigante per le sue molteplici “insinuazioni” e che non mi sono stancato di rileggere.
Con quella sua quieta ma implacabile fame di mondo.
Una intuizione da grande fantasista: un rispettabile signore molto stimato decide di staccarsi da tutto e da tutti, si fabbrica in casa un aereoplano con carta di giornale, sale sopra e via per i cieli in cerca di una nuova libertà, di altre diverse più fresche avventure.
Il signore in questione, prima, progettava giardini. Nel suo volo ogni tanto atterra, soprattutto quando, entrando in una bufera, l’acqua bagna e si appresta a disfare la carta; ha quindi diverse avventure con persone specialissime, con alcuni giovani, fino ad arrivare là dove trova un vecchio uomo di mare che, negli anni, si è costruito il Museo dell’Eco: “La notte trascorse tutta nell’inseguire le voci che per secoli avevano dato vita al Mediterraneo, assieme a quell’anziano comandante di nave che aveva raccolto nella sua casa l’essenza di un’intera, complessa civiltà”.
La pagina di Campanini si riempie sempre (o quasi sempre) di una simbologia strisciante, emozionante, che prende quota e si allarga come una ferita vera, che duole un poco e costringe ad essere guardata.
La fine poi del racconto su cui ho indugiato, con la ripresa del volo per chissà quali altre vicende e mete (quasi suggerendo la trama di un succinto poema ariosteo) è bella, ancora una volta, sobria e severa. Anche serena, per la fantasia. So bene che questi sentimenti di lettura può suscitarli solo un vero scrittore.
Aggiungo che la messa in moto della sua comunicazione scritta, della sua pagina, è un parlare sottovoce che si rassoda e si alza di tono per poi scattare e profilarsi fra luce e suono con progressive accensioni, come se i periodi, le frasi, i capoversi si tenessero stretti per mano.
Esempio, l’inizio di “Lezioni di lingue straniere”, con quel come sempre che sussulta e sembra non volere o non potere districarsi dalle altre parole e intanto avvolge il lettore nella trama di fili a cui ho già fatto cenno.
Come raffronto per quello che ho detto, mi riferisco intanto a Dalle storie di P. aeronauta mancato che è certamente un bel risultato di scrittura, intrigante per le sue molteplici “insinuazioni” e che non mi sono stancato di rileggere.
Con quella sua quieta ma implacabile fame di mondo.
Una intuizione da grande fantasista: un rispettabile signore molto stimato decide di staccarsi da tutto e da tutti, si fabbrica in casa un aereoplano con carta di giornale, sale sopra e via per i cieli in cerca di una nuova libertà, di altre diverse più fresche avventure.
Il signore in questione, prima, progettava giardini. Nel suo volo ogni tanto atterra, soprattutto quando, entrando in una bufera, l’acqua bagna e si appresta a disfare la carta; ha quindi diverse avventure con persone specialissime, con alcuni giovani, fino ad arrivare là dove trova un vecchio uomo di mare che, negli anni, si è costruito il Museo dell’Eco: “La notte trascorse tutta nell’inseguire le voci che per secoli avevano dato vita al Mediterraneo, assieme a quell’anziano comandante di nave che aveva raccolto nella sua casa l’essenza di un’intera, complessa civiltà”.
La pagina di Campanini si riempie sempre (o quasi sempre) di una simbologia strisciante, emozionante, che prende quota e si allarga come una ferita vera, che duole un poco e costringe ad essere guardata.
La fine poi del racconto su cui ho indugiato, con la ripresa del volo per chissà quali altre vicende e mete (quasi suggerendo la trama di un succinto poema ariosteo) è bella, ancora una volta, sobria e severa. Anche serena, per la fantasia. So bene che questi sentimenti di lettura può suscitarli solo un vero scrittore.
Caratteristiche TECNICHE
ISBN: | 987-88-7381-040-3 |
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Data di uscita: | Aprile 2003 |
Formato: | 15 x 21 cm |
Pagine: | 152 + Copertina in brossura |
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Lingua: | Italiano |