La TRAMA
Testi di Elena Rossoni e Rossella Ariuli
Aperta nel 1980 nel palazzo già sede dell’ospedale della Congregazione di Santa Maria, la Pinacoteca Civica di Pieve di Cento raccoglie al proprio interno importanti testimonianze dell’arte pievese, essendo in essa confluite gran parte delle opere asportate dalle chiese e dagli oratori a seguito delle soppressioni napoleoniche. Il forte legame tra il Museo e il territorio costituisce il filo conduttore del nuovo catalogo della Pinacoteca, orientato ad ancorare le opere alle istituzioni per cui vennero realizzate. Il saggio introduttivo di Elena Rossoni, curatrice del catalogo, ricostruisce infatti nelle linee essenziali l’assetto degli altari delle chiese di Pieve di Cento, alcune delle quali andate completamente distrutte, cercando di ricomporre un’unità che permetta alla Pinacoteca nel suo insieme di respirare all’unisono con l’humus culturale ed artistico che ne ha caratterizzato la storia. Sono così riemersi i contorni d’importanti contenitori quali il convento osservante di San Francesco al Reno, distrutto agli inizi del sec. XIX, il cui arredo degli altari, caduto da due secoli nell’oblio, viene ora completamente ridisegnato, permettendo di raccogliere notizie su dipinti perduti e consentendo di individuare opere della Pinacoteca da lì provenienti, quali la copia realizzata da Aureliano Milani nel 1718 di un dipinto già esposto in chiesa riferito da fonti antiche a Francesco Albani, identificabile con la tela raffigurante il Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria alla presenza di San Carlo Borromeo e San Giovanni Battista oggi conservata presso la Bob Jones University di Greenville. La grande quantità di notizie archivistiche - alcune delle quali pubblicate in appendice - raccolte da Elena Rossoni e da Rossella Ariuli con la collaborazione di Carlo Giovannini, ha permesso inoltre di identificare la provenienza di diversi dipinti di ambito bolognese o ferrarese che testimoniano in Pinacoteca la posizione culturalmente “di confine” del territorio pievese, attratto a pari titolo dalle sollecitazioni provenienti dai grandi centri culturali, Bologna e Ferrara. Le dettagliate schede di Rossella Ariuli, ordinate cronologicamente, accostano a nuove letture stilistiche aggiornamenti bibliogafici su importanti opere di proprietà comunale quali l’Annunciazione del Guercino, realizzata per l’altar maggiore della chiesa della Santissima Annunziata e oggi conservata nella Collegiata di Santa Maria Maggiore, o il San Michele Arcangelo combatte contro Satana con San Giacomo il maggiore e Alessandro Mastellari dello Scarsellino, eseguito per la Collegiata e anch’esso oggi in Pinacoteca. Realizzata su iniziativa del Comune di Pieve di Cento, in collaborazione con la Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Bologna, e con il sostegno della Fondazione del Monte di Bologna, questa pubblicazione mette in luce l’importanza di continuare una linea di studi volta a valorizzare in maniera capillare il ricco patrimonio locale, il cui valore, indipendentetemente dall’importanza della singola opera, deriva proprio dal rispecchiare un’intera tradizione culturale.
Aperta nel 1980 nel palazzo già sede dell’ospedale della Congregazione di Santa Maria, la Pinacoteca Civica di Pieve di Cento raccoglie al proprio interno importanti testimonianze dell’arte pievese, essendo in essa confluite gran parte delle opere asportate dalle chiese e dagli oratori a seguito delle soppressioni napoleoniche. Il forte legame tra il Museo e il territorio costituisce il filo conduttore del nuovo catalogo della Pinacoteca, orientato ad ancorare le opere alle istituzioni per cui vennero realizzate. Il saggio introduttivo di Elena Rossoni, curatrice del catalogo, ricostruisce infatti nelle linee essenziali l’assetto degli altari delle chiese di Pieve di Cento, alcune delle quali andate completamente distrutte, cercando di ricomporre un’unità che permetta alla Pinacoteca nel suo insieme di respirare all’unisono con l’humus culturale ed artistico che ne ha caratterizzato la storia. Sono così riemersi i contorni d’importanti contenitori quali il convento osservante di San Francesco al Reno, distrutto agli inizi del sec. XIX, il cui arredo degli altari, caduto da due secoli nell’oblio, viene ora completamente ridisegnato, permettendo di raccogliere notizie su dipinti perduti e consentendo di individuare opere della Pinacoteca da lì provenienti, quali la copia realizzata da Aureliano Milani nel 1718 di un dipinto già esposto in chiesa riferito da fonti antiche a Francesco Albani, identificabile con la tela raffigurante il Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria alla presenza di San Carlo Borromeo e San Giovanni Battista oggi conservata presso la Bob Jones University di Greenville. La grande quantità di notizie archivistiche - alcune delle quali pubblicate in appendice - raccolte da Elena Rossoni e da Rossella Ariuli con la collaborazione di Carlo Giovannini, ha permesso inoltre di identificare la provenienza di diversi dipinti di ambito bolognese o ferrarese che testimoniano in Pinacoteca la posizione culturalmente “di confine” del territorio pievese, attratto a pari titolo dalle sollecitazioni provenienti dai grandi centri culturali, Bologna e Ferrara. Le dettagliate schede di Rossella Ariuli, ordinate cronologicamente, accostano a nuove letture stilistiche aggiornamenti bibliogafici su importanti opere di proprietà comunale quali l’Annunciazione del Guercino, realizzata per l’altar maggiore della chiesa della Santissima Annunziata e oggi conservata nella Collegiata di Santa Maria Maggiore, o il San Michele Arcangelo combatte contro Satana con San Giacomo il maggiore e Alessandro Mastellari dello Scarsellino, eseguito per la Collegiata e anch’esso oggi in Pinacoteca. Realizzata su iniziativa del Comune di Pieve di Cento, in collaborazione con la Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Bologna, e con il sostegno della Fondazione del Monte di Bologna, questa pubblicazione mette in luce l’importanza di continuare una linea di studi volta a valorizzare in maniera capillare il ricco patrimonio locale, il cui valore, indipendentetemente dall’importanza della singola opera, deriva proprio dal rispecchiare un’intera tradizione culturale.