L'onore e la sconfitta
Politica italiana e guerre perse dal Trattato di pace del ’47 al Fiscal compact del 2012
A poco tempo dalle elezioni europee, quale sarà il ruolo dell’Italia?
La TRAMA
Quando un’autorità straniera comanda in casa tua, tu sei un reduce e la guerra l’hai persa. È stato chiaro sia con la ratifica del Trattato di pace nel 1947 sia con quella del Fiscal compact nel 2012. Due guerre perse, due diversi modi di vivere il disonore: prendendolo di petto nel primo caso, tacendolo nel secondo. La prima guerra si concluse con un’umiliazione nazionale, ma lasciò intatta la sovranità dello Stato. La seconda non si è conclusa, ma con l’imposizione dell’obbligo costituzionale dei conti pubblici in pareggio e di un piano a tappe forzate di riduzione del debito – il Fiscal compact, appunto – ha privato lo Stato della sovranità di bilancio annichilendo di conseguenza la politica. Nel ’47, in aula a Montecitorio il filosofo liberale Benedetto Croce parlò di «Italia merce di scambio», di «dignità nazionale offesa», di «vincitori smodati». Nel 2012 i leader politici persero la parola.
Il saggio introduttivo di Andrea Cangini illumina lo stato in cui siamo, ne esplora le cause, strappa la maschera alla crisi economica e all’élite tecnocratica europeista inquadrandole in un silenzioso processo di sistematico svuotamento dello Stato. Il resoconto stenografico dei due dibattiti in aula offre l’occasione di guardare negli occhi il ceto politico nel momento della massima prova: il conforto di scoprire che siamo stati migliori, l’amarezza di vederci ridotti come siamo. L’onore, dunque, e la sconfitta. Un appassionato appello alla Politica affinché prevalga la consapevolezza che si può perdere senza necessariamente perdersi. Perché la presa d’atto della sconfitta fu nel ’47 il presupposto alla ricostruzione, ma da dove potrà mai ripartire una nazione colpita e abbattuta da uno schiaffo nel buio?
Il saggio introduttivo di Andrea Cangini illumina lo stato in cui siamo, ne esplora le cause, strappa la maschera alla crisi economica e all’élite tecnocratica europeista inquadrandole in un silenzioso processo di sistematico svuotamento dello Stato. Il resoconto stenografico dei due dibattiti in aula offre l’occasione di guardare negli occhi il ceto politico nel momento della massima prova: il conforto di scoprire che siamo stati migliori, l’amarezza di vederci ridotti come siamo. L’onore, dunque, e la sconfitta. Un appassionato appello alla Politica affinché prevalga la consapevolezza che si può perdere senza necessariamente perdersi. Perché la presa d’atto della sconfitta fu nel ’47 il presupposto alla ricostruzione, ma da dove potrà mai ripartire una nazione colpita e abbattuta da uno schiaffo nel buio?