Prefazione di Marco Vitale

Raul Gardini, detto “il Corsaro” per le scorribande in Borsa che lo portarono alla conquista di Montedison ed Enimont, morì a Milano il 23 luglio 1993, a breve i magistrati di Mani Pulite lo avrebbero arrest ato per una storia di tangenti a politici corrotti. Un colpo di pistola alla testa. Tre giorni prima si era suicidato in carcere Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni e suo rivale nella vicenda Enimont. Due morti eccellenti che insanguinarono la storia della Dynasty Ferruzzi, ovvero la storia di due famiglie di Ravenna imparentate tra loro (i Gardini e i Ferruzzi), tra le più ricche d’Italia e del mondo, improvvisamente spaccate, tanto da mandare il loro impero a gambe all’aria.
Gardini, uomo libero e un po’ anarcoide, era un combattente che amava il mare (il suo Moro di Venezia fu la prima barca italiana a vincere nel 1992 la Louis Vuitton Cup e arrivare alla fi nale della Coppa America), i sogni e le sfi de, si muoveva controcorrente, anche contro i poteri forti dell’epoca: Mediobanca di Enrico Cuccia e i suoi alleati, primi fra tutti gli Agnelli. E fu sconfi tto.
La storia di Gardini, che non può prescindere da quella di Serafi no Ferruzzi, è parte fondamentale della storia politica, bancaria e industriale di questo Paese. Un tassello nella storia di quel capitalismo all’italiana in cui molti imprenditori si comportano da padri-padroni, i banchieri vanno a braccetto con politici compiacenti, i politici pensano più ai loro interessi particolari che a quelli generali. Trent’anni dopo la morte di Gardini il quadro non è migliorato.