Vincitore del Premio Letterario Metauros 2013
«E poi dicono che le perfide siamo noi checche. No, proprio non ci sto, ne abbiamo passate di cose tristi. Ne abbiamo ricevute di coltellate. Ne abbiamo versate di lacrime. Ne abbiamo subito di torti, e se oggi, come ieri, indossiamo camicie dai colori sgargianti, collane, bracciali ed anelli, sfoggiamo scialle e stole improponibili, ci zavorriamo con tonnellate di ori ed argenti, è solo perché sappiamo ridere di noi stesse, noi Le Vecchie Checche.
Perché abbiamo imparato l’autoironia, dopo l’ironia, e prima della perfidia.
E combattiamo, dal primo all’ultimo giorno della nostra esistenza.
Contro la bugia, l’ipocrisia, la menzogna, contro il tradimento, perché non sappiamo mentire, non sappiamo tradire. Siamo solo cattive per nascita. E viviamo la nostra e della nostra cattiveria.
Tanto cattiva da diventare una buona cattiveria e quindi, filosoficamente, la bontà».
Ficcante, vero, scandaloso, autoironico e drammatico. Un libro che ricorda il famoso romanzo degli anni ’80 I miei primi quarant’anni ma in versione omosessuale. Un libro che non si riuscirà a smettere di leggere fino all’ultima pagina!