Giancarlo Brocci, da Gaiole in Chianti, è nato presto, uno degli ultimi fatti in casa, in quel 1954 che segnò la fi ne del Bartali corridore. Cominciò a sentir parlare e leggere di ciclismo quando ancora Coppi inseguiva i suoi ultimi traguardi e restava ben viva nel cuore degli sportivi l’eco del duello ciclistico del secolo. Laureatosi in Medicina e Chirurgia, ha sempre fatto altro, al costante inseguimento delle sue passioni. Per la prima, la politica, ha interrotto presto una promettente carriera scrivendo (estate ’88, prefazione Michele Serra) Ridatemi il PCI, un modo per dire “mi chiamo fuori” e per preconizzare la grande crisi della Sinistra con l’avvento dei mestieranti. Brocci si è occupato molto di sport, praticandolo poco per qualche limite atletico, amandolo molto e rendendosi conto presto, anche in quel campo, che i professionisti e il business si stavano rubando ogni giocattolo. Scrisse di Bartali con Gino ancora vivo, quando Coppi, morto precoce, sembrava aver stravinto il duello; Bartali, il mito oscurato rivisitava un confronto che non poteva avere vincitore. Ma Brocci è oggi, soprattutto, l’inventore de L’Eroica, la cicloturistica d’epoca che ha fatto riscoprire il ciclismo che fu, la sua poesia, al mondo intero. Dello stesso autore sono usciti anche L’Eroica, storie, imprese e sogni sulle strade bianche (2014) e Luciano Berruti (2017), scritto (col figlio di Berruti, Jacek) per la scomparsa dell’icona, del numero uno del popolo degli eroici.